Archivio di Agosto 2006

LA SANIFICAZIONE E MANUTENZIONE DEI BAGNI MOBILI ECOLOGICI A FUNZIONAMENTO CHIMICO

Mercoledì 30 Agosto 2006

Il successo dei bagni mobili ecologici a funzionamento chimico (c.d. bagni chimici), a prescindere dalla marca, modello e tipo, dipende in larga misura dal protocollo di sanificazione adottato.

Infatti, deve essere assicurata particolare cura sia alle fasi di pre-consegna dei bagni (onde rimuovere tutte le impurità accumulatesi durante lo stoccaggio in aree normalmente aperte) che durante il funzionamento (onde mantenere l’igienicità ottimale), oltre che alla fine del periodo (è da evitare assolutamente la rimozione dei bagni ancora sporchi o pieni di liquami).
A tal proposito si informano tutte le aziende del settore ed i committenti che sul sito
http://www.commercialesicula.biz/public/Linee%20Guida%20essenziali%20x%20la%20sanificazione_1.pdf è disponibile gratuitamente, le “LINEE GUIDA ESSENZIALI PER LA SANIFICAZIONE E MANUTENZIONE NELLA LOCAZIONE E PULIZIA DI BAGNI MOBILI”, un’articolato protocollo predisposto dalla Università degli Studi di Catania - Dipartimento di Microbiologia, che ha preso spunto anche da prove di abbattimento delle flore batteriche condotte utilizzando tecniche di lavaggio con acqua a temperatura ambiente (e ad alta pressione) + disinfettante e tecniche con impiego, invece, di acqua calda (100° C), ad alta pressione, con aggiunta opzionale di disinfettante.

GESTIONE DI RIFIUTI LIQUIDI PRODOTTI DALL’USO DEI BAGNI MOBILI:

Mercoledì 23 Agosto 2006
DIFFERENTI REQUISITI PREVISTI PER LA “RACCOLTA E TRASPORTO” E LO “STOCCAGGIO”.
 

Già da tempo, sia la giurisprudenza amministrativa (cfr. ad es Sent. del Consiglio di Stato, Sez. V, n° 5839/04) che quella penale (cfr. ad es. Decreto Penale di condanna del Tribunale di Catania n° 677/00, ed anche la Sent. penale di condanna del Tribunale di Catania n° 2412/03), hanno chiarito che la ditta che dà in locazione i bagni mobili ecologici a funzionamento chimico (c.d. bagni chimici) e ne cura pure gli interventi di pulizia e spurgo effettua un’attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi e che, quindi, il locatario (ad es. l’Ente Pubblico appaltante) assume la veste di produttore dei rifiuti generatisi dall’uso di tali bagni mobili durante la locazione. Tale univoca realtà è stata peraltro largamente condivisa dal Ministero dell’Ambiente con la circolare 4435/ALBO/PRES. del 28/06/1999 (disponibile all’interno della pagina web http://www.commercialesicula.biz/download.php.

Pertanto, l’ente pubblico appaltante – e per esso il dirigente/responsabile del procedimento - è corresponsabile (penalmente ed amministrativamente) della corretta gestione dei rifiuti adottata dalla ditta appaltatrice. Tale responsabilità, a norma dell’art. 10 del D.Lgs. 22/1997 e s.m.i., il legislatore consente di poterla evitare previa l’affidamento del servizio a ditte abilitate e purchè si riceva anche la copia n° 4 di ciascun formulario di identificazione dei rifiuti, attestanti l’arrivo all’impianto di destino del carico prelevato a monte.

Il legislatore, già con il Decreto Ronchi, ha distino i titoli abilitativi ed autorizzatori per l’esercizio sia dell’attività di “raccolta e trasporto” che per quella di “smaltimento/recupero”, prescrivendo, rispettivamente, l’obbligo di iscrizione all’ Albo Gestori Rifiuti (per l’attività di raccolta e trasporto) ex art. 30, comma 4°, D.Lgs. 22/1997 e s.m.i., e l’autorizzazione regionale ex art. 28 D.lgs. 22/1997 e s.m.i.. L’attività di trasporto è solo quella di trasporto, appunto, del rifiuto dal punto di produzione al punto di smaltimento/recupero, mentre quella di smaltimento/recupero può essere una delle attività indicate, rispettivamente, negli allegati B e C del D.Lgs. 22/1997 e s.m.i. In tale contesto normativo non è assolutamente consentito che il “trasporto” dei rifiuti subisca degli “stoccaggi intermedi” (a bordo del camion o in cisterne esterne), pena la commissione dell’illecita gestione di attività di stoccaggio, prevista e punita dall’art. 51, comma 1°, D.Lgs. 22/1997 e .s.m.i. Lo “stoccaggio intermedio”, infatti, proprio perché il Legislatore lo ha riconosciuto come una delle fasi più criminogene, è ormai considerata un’attività di “smaltimento” (si veda art. 6, comma 1, lett. l) D.Lgs. 22/1997 e s.m.i.) e, in quanto tale, va autorizzata a norma dell’art. 28 del medesimo D.Lgs. Quindi, la ditta che ha solo l’iscrizione all’albo per la cat. 4 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali non pericolosi prodotti da terzi) dovrà esimersi dal procedere a stoccaggi intermedi e sarà tenuta al “mero trasporto” dei rifiuti prelevati sino all’impianto di smaltimento/recupero autorizzato. Tant’è che il conducente del veicolo è tenuto – pena pesanti sanzioni – ad indicare, sul formulario di identificazione dei rifiuti, il “percorso se diverso dal più breve” – proposizione che avvalora ancora di più l’ineluttabilità di un trasporto in tempi “proporzionati” alla distanza, ammettendosi le sole deviazioni giustificate, ma puntigliosamente annotate nel suddetto formulario.

L’assetto normativo, in merito alla distinzione tra le diverse fasi di raccolta-trasporto e stoccaggio, con il nuovo T.U. ambientale (D.Lgs. 152/2006) è stato confermato. Vieppiù, tale nuovo T.U. ha finalmente disciplinato – come già era pacificamente inteso in giurisprudenza ed in dottrina – l’ipotesi della “microraccolta”, cioè quell’attività di raccolta e trasporto di quantitativi di rifiuti non sufficienti a riempire il cassone/cisterna del veicolo, che portava molti trasportatori di liquami, nella prassi (illecita), ad effettuare più prelievi presso più produttori di rifiuti o presso lo stesso produttore, stoccando in cisterna i liquami per più giorni e magari emettendo un unico e riepilogativo formulario. La “microraccolta” oggi, a norma dell’art. 193, comma 11, D.Lgs. 152/2006, è ammessa ma “…. deve essere effettuata nel più breve tempo tecnicamente possibile.